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Una vita da single-tasking
Una vita da single-tasking

Una vita da single-tasking

Siamo sicuri che essere multi-tasking, come ci richiede oggi la società, sia sempre indice di grande produttività? Con questo articolo parliamo un po’ di vita da multi-tasking e da single-tasking.

Recentemente mi sono imbattuta di nuovo nel libro Focus di Leo Babauta. È un testo di produttività il cui argomento principale è far rallentare e non caricare ulteriormente di compiti e funzioni. Da qualche anno mi piace leggere dei libri sullo sviluppo personale e quest’opera va un pò in controcorrente rispetto agli altri poiché è molto incentrato sul focalizzare al 100% l’attenzione sulla singola azione anziché svolgere più attività assieme e male. L’obiettivo del mio articolo di oggi, però, non è questo.

Essere multi-tasking: cosa significa a livello neurobiologico?

Il multi-tasking è diventato un modo d’agire che ci fa sembrare sempre estremamente indaffarati e produttivi. Guidiamo e mandiamo il vocale di lavoro, aspettiamo il treno ed inviamo la mail, siamo in fila al supermercato e condividiamo una story su Instagram. “Scagli il telefono chi è senza peccato!”

Da un punto di vista neurobiologico, c’è da chiarire che l’attenzione, non è condivisa nelle molteplici azioni che stiamo compiendo. Purtroppo non è che una parte del cervello sia dedicata alla cottura del risotto e un’altra, la più acculturata, alla ripetizione della poesia del Leopardi che nostro figlio sta imparando tediosamente.

No, amici. L’attenzione “saltella” à droit et à gauche . La sensibilità di questo task-switching è spiegata molto bene nell’esperimento del gorilla invisibile, di Daniel Simons e Christopher Chabris. Quest’ultimo fa capire che facendo saltellare l’attenzione si commettono errori. A volte sono poco importanti come pubblicare la foto su Facebook di vostra nonna mentre stende i panni anziché la vostra in bikini beatamente sdraiata in riva al mare, altre possono essere più serie, come passare con il rosso rispondendo al telefono al capo mentre si guida febbrilmente verso casa.

Una vita da single-tasking
Fonte Unsplash

Tornare ad essere single-tasking: fare le cose una alla volta

La lettura di questo libro mi ha fatto riflettere ulteriormente su quando sia impetuosa la necessità di ricominciare a considerare l’obsoleta ipotesi di fare una cosa alla volta e di cercare di farla in modo consapevole. No, non sono un’esperta di produttività, quindi al massimo posso considerare la mia esperienza, ma sono un’esperta di obesità e, questo modo di agire si ripercuote in modo preponderante sulla capacità di mangiare e di registrare i messaggi che il cervello ci invia.

Quando mangiamo controllando le mail e guardando Youtube, l’attenzione salta tra i due compiti, il cervello considera il primo compito e i parametri necessari al suo svolgimento (ad esempio prendere la forchetta, infilzare la maggiore quantità di penne al pomodoro, portarle in bocca e masticarle) dopodiché si impegna nel secondo compito, ascoltare che cosa sta dicendo il video, annotando mentalmente di fare delle ricerche su quanto dice, premere il tasto per skippare la pubblicità, e ah, intanto il boccone è stato masticato alla bell’e meglio, la bocca è vuota e richiede un altro boccone. Aspetta un attimo che mi squilla il telefono…

Ok, ho esagerato ? Non credo proprio.

Una vita da single-tasking
Fonte Pexels

Essere single-tasking: applichiamolo al nostro modo di mangiare

Purtroppo o per fortuna il cervello è una macchina molto complessa ma assai semplice nel suo funzionamento. Codifica ciò che “vede” passare: una sensazione ha bisogno di attenzione per esistere.

Con i miei pazienti faccio spesso l’esempio del supermercato: è come andare a fare la spesa con un grosso carrello, riempirlo, passare alla cassa senza metter gli oggetti sul tappetino scorrevole della cassiera ed uscire senza pagare. Riusciresti a rispondere correttamente alla domanda quanti alimenti hai comprato? No: per pagare, hai bisogno di rivedere gli oggetti passare alla cassa.

Allo stesso modo per acquisire il piacere e le sensazioni alimentari si ha bisogno di mangiare in modo consapevole. Perché non fa niente se per una volta mangi un tramezzino all’hummus fra due riunioni, ma non può essere l’abitudine. Ricorda: il cervello contabilizza ciò che “vede” passare. Il rischio è che non prestando attenzione non rimaniamo connessi con le sensazioni di sazietà, di troppo pieno o di fastidio che lo stomaco ci invia.

Il filosofo francese Michel Foucault sosteneva che il piacere è un requisito indispensabile alla sopravvivenza della specie. Se non avvertiamo questo “piacere” saremo costantemente alla ricerca della soddisfazione del piacere che manca, che risulta moncante, non acquisito pienamente e completamente.

Essere single-tasking: applichiamolo al nostro modo di vivere

Allora il mio augurio è quello che riusciate a riprendere le redini e cerchiate di vivere una vita da single… no, non necessariamente non accompagnati, ma piuttosto da single-tasking, facendo una cosa alla volta ed assaporandola consapevolmente e interamente. Lo so, sembra un lusso al giorno d’oggi, ma vi assicuro, è possibile camminare semplicemente camminando, fare l’amore semplicemente amando e mangiare solamente mangiando.

Facile? …. Scusate, faccio una pausa consapevole per bere un sorso di caffè fumante fatto con miscela arabica macinata a grana sottile da me personalmente….

Ah che barba Viola! (vi vedo con gli occhi al cielo!)

Eppure la vita è fatta di singoli momenti definiti, inutile, direi, sprecarli correndo. Buona estate, piena di consapevolezza e gratitudine,

Viola

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