È terminato da poco Veganuary, il mese dedicato alla sensibilizzazione alla scelta vegana. Negli ultimi anni, il numero di persone che si avvicinano alla nutrizione plant-based è in aumento, tanto che L’Economist ha definito il 2019 l’anno Vegan.
Si stima che circa il 10% della popolazione rientri nella scelta vegetariana. Quando ci si avvicina ad una alimentazione plant-based, spesso vengono mosse critiche come: “Ma non hai delle carenze? Non ti manca il ferro? Ma hai energia?” Uno dei più temuti e dibattuti è la fonte di proteine : “Dove trovi le proteine?”
Proteine vegetali, sostenibilità per la salute e l’ambiente: cosa sono?
Per un qualche strano caso di dinastie biochimiche, le proteine di provenienza animale sono definite «nobili». Per esclusione dunque, tutte le altre sono «le figlie della serva»… La parola proteina deriva dal greco protos che significa primario. In effetti le proteine sono delle sequenze a catena di amminoacidi che compongono ossa, tessuti, cellule. Io me le visualizzo come delle collane di perle, si arrotolano e costituiscono l’elemento primario della nostra scatola di bijoux. Insomma, la base per una signora come si deve !
Le perle della nostra collana, sono i 20 amminoacidi. Di questi, 9 sono definiti essenziali poiché il corpo umano non è in grado di produrli autonomamente. Dal momento che le proteine di provenienza animale contengono i 9 amminoacidi essenziali al corpo umano, ad un certo punto si definirono nobili per distinguerle dalle proteine semplici che sono quelle presenti nei vegetali.
Questa denominazione ha contribuito a costruire un’aura attorno alle proteine animali per la quale “the more, the better”, più ce n’è, meglio è. Una tale affermazione resta limitante poiché ne considera il puro aspetto biochimico e metabolico senza valutare l’aspetto globale sulla salute dell’uomo e dell’ambiente in cui vive.[1]
Quindi non solo si ha dato luogo all’errato concetto che «nobili» è meglio, ma anche che «più è meglio». Secondo la USDA dietary guidelines, il 50 % della popolazione americana mangia troppe proteine con conseguente aumento delle malattie ad esso correlato. Consumando troppe proteine si aumenta il rischio di patologie cardiovascolari, cancro, osteoporosi, malattie renali ed epatiche assieme alla maggior parte delle malattie croniche[2].

Proteine vegetali, sostenibilità per la salute e l’ambiente: quante proteine bisogna mangiarne?
La maggior delle linee guida di alimentazione umana, raccomandano 0,9 g di proteine x kg di peso corporeo: una persona di 61 kg ha bisogno di 55 g di proteine (bisogni superiori sono definiti per bambini, adolescenti e donne in stato di gravidanza e allattamento).
1 tazza di hummus contiene 17 g di proteine
1 tazza di quinoa (cotta) 8 g di proteine
1 tazza di latte di soia 8 g di proteine
1 tazza di semi di canapa 53 g di proteine
1 tazza di tofu contiene 20 g di proteine.
Facciamo due conti:
I conti sono presto fatti e un’alimentazione vegetale rischia di portare anche troppe proteine. Ma mentre l’alimentazione a base di proteine animale porta con sé anche sgradevoli cadeau come eccesso di colesterolo, grassi saturi e trans, ciò non avverrà con l’alimentazione vegetale.
Fino al secolo scorso, si pensava che gli amminoacidi essenziali dovessero essere combinati tra loro per poter sopperire alla mutua carenza di quelli essenziale (proteine complementari). I legumi per esempio contengono buone quantità di lisina ma poche di metionina e triptofano. Viceversa, i cereali contengono maggiormente metionina e triptofano e poca lisina. L’Accademy of Nutrition and Dietetics sostiene che i bisogni degli amminoacidi essenziali possano essere raggiunti nel momento in cui vi è un’alimentazione vegetale varia che comporti un adeguato apporto nutrizionale ed energetico.
In circolazione restano gli amminoacidi essenziali non utilizzati che vengono chiamati alle armi nel momento del bisogno. Nei tessuti, gli amminoacidi essenziali animali, sono indistinguibili da quelli vegetali. Si pensa spesso che gli alimenti vegetali siano carenti di amminoacidi essenziali ma purtroppo o meglio, per fortuna, è esattamente il contrario. Si chiamano essenziali proprio perchè sono essenziali per l’alimentazione di uomini e animali la cui fisiologia è simile.
Per essere precisi, alcuni animali come i ruminanti, utilizzano batteri azoto-fissatori per produrli. Resta comunque il fatto che sono essenziali anche per loro poichè li producono grazie ai batteri. Inutile dire che gli allevamenti intensivi, l’uso smisurato di antibiotici, ha impoverito anche il microbiota degli animali che si trovano dunque in carenza di questa possibile soluzione.

Proteine vegetali, sostenibilità per la salute e l’ambiente: qual è il vantaggio in termini di salute?
Le proteine provenienti dai legumi sono ricche di fibre, ferro e zinco. E non si portano il bagaglio pesante di quelle animali: colesterolo e grassi saturi. Essendo più ricche di fibre non solo aumentano il senso di sazietà, ma contribuiscono addirittura ad abbassare il colesterolo, la pressione arteriosa, diminuire la glicemia a digiuno e migliorare la sensibilità insulinica.
Per tutti questi effetti benefici vengono considerati “strumenti potenti nella prevenzione e nel trattamento delle malattie croniche”. [6]
Negli USA si parla di “Hispanic paradox” poichè nonostante la comunità ispanica sia mediamente più povera con un accesso alla salute e all’istruzione più limitato, hanno un’aspettativa di vita maggiore. [7] Questo si può spiegare dicendo che secondo l’indagine nazionale sulle abitudini alimentari, chi mangia legumi tende ad essere meno obeso, con un peso corporeo più basso e un girovita più sottile. [8]
E per il pianeta ?
Secondo un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet, una dieta prevalentemente plant-based non è solamente l’unica soluzione per migliorare la salute a livello globale, è anche l’unica soluzione per ridurre l’impatto a livello ambientale. [9]
Ad oggi le emissioni prodotte per l’allevamento animale e le colutura dei mangimi ad essi dedicati, rappresentano la più importante fonte di produzione di gas serra (14,5%).[10] Si prevede che nel 2050 saremo circa 10 miliardi a popolare questo nostro bel pianeta. Considerando i trend di consumo dei prodotti animali e della diffusione dell’industria alimenatare, l’impatto globale non potrà essere sostenibile.
Per la salute di uomini, cibo, pianeta e soprattutto per una distribuzione equilibrata delle risorse tra paesi ad alto e basso reddito, bisogna pensare ad un’ inversione di rotta verso un’alimentazione più green. Una dieta a prevalenza plant-based, permetterebbe di diminuire le emissioni serra dell’84%. Ancor meglio, permetterebbe di migliorare la qualità nutrizionale del nostro cibo evitando ben il 12% di morti premature causate dalle malattie croniche legate al nostro stile di vita.
Suggerimenti pratici:
Ad oggi, sempre più professionisti della salute si avviciano a questa scelta alimentare poichè le evidenze scientifiche sono molto chiare e non si può negare l’effetto che un’alimentazione plant-based può avere sulle nostre vite. Ciònonostante stimo sia meglio accompagnare le persone per mano e con benevolenza evitando una mentalità “black or white”, tutto o nulla.
Se si sentono delle resistenze, bisogna affidarsi a professionisti preparati e lasciarsi guidare. Ad ogni modo, ci si può approcciare in modo progressivo ponendosi piccolo obiettivi: per esempio, un pasto plant-based al giorno. Con il tempo vedrete sarà più facile destreggiarvi tra ceci e tofu e verranno acquisite abitudini che non avevamo integrato.
Comprate i legumi secchi e metteteli in ammollo durante la notte con un pizzico di bicarbonato. Il giorno dopo cuocetene una buona quantità. Congelate le porzioni per la pasta, l’insalata o le polpette. Fatevi subito una bella scorpacciata di hummus e non gettate l’acqua di cottura che si chiama aqua faba e si usa come coagulante al posto dell’uovo in mille preparazioni !
Mah, in effetti, ora che ci penso c’è una cosa in comune tra proteine animali e vegetali: come per il maiale, anche per i legumi, non si butta via nulla!

Bibliografia
[1] David L Katz et al. Perspective: The Public Health Case for Modernizing the Definition of Protein Quality, Adv Nutr. 2019 Sep; 10(5): 755–764
[2] Dean Ornish UnDo it !How simple lifestyle changes can reverse most chronic disease.
[3] Frances Moore, Diet for a small planet.
[4] Melina V, Craig W, Levin S. Position of the Academy of Nutrition and Dietetics: vegetarian diets. J Acad Nutr Diet. 2016;116(12):1970–80.
[5] Brenda Davis, Vesanto Melina, Diventare Vegani, Macro edizioni 2011
[6] Anderson JW, Smith BM, Washnock CS. Cardiovascular and renal benefits of dry bean and soybean intake. Am J Clin Nutr. 1999;70(3 Suppl):464S–74S.
[7] Kochanek K, Murphy S, Xu J, Arias E. Mortality in the United States, 2013. Centers for Disease Control and Prevention. NCHS Data Brief. No. 178. Published December 2014. Available at: https://www.cdc.gov/nchs/data/databriefs/db178.pdf. Accessed April 1, 2019.
[8] Papanikolaou Y, Fulgoni VL. Bean consumption is associated with greater nutrient intake, reduced systolic blood pressure, lower body weight, and a smaller waist circumference in adults: results from the National Health and Nutrition Examination Survey 1999–2002. J Am Coll Nutr. 2008;27(5):569–76.
[9] Springer M. et al. Health and nutritional aspects of sustainable diet strategies and their association with environmental impacts: a global modelling analysis with country-level detail, The Lancet Oct 2018
[10] Siljie Kristensen Animal Agriculture and Climate Change in the US and UK Elite Media: Volume, Responsibilities, Causes and Solutions, Enviromental Communication, 2020