Nonostante l’importanza di tale argomento, l’Italia resta uno dei pochi Paesi dell’UE in cui non sono obbligatori programmi di educazione affettiva e sessuale all’interno degli istituti scolastici. Fortunatamente negli ultimi anni l’argomento sesso e sessualità sta diventando sempre meno un tabù e molti genitori hanno capito l’importanza di aprire un dialogo ed educare alla sessualità i propri figli.
Oggi a supporto degli adulti esistono davvero moltissimi libri interessanti sul tema sessualità, suddivisi in fasce d’età, che facilitano e favoriscono il dialogo fra genitori e figli.
Ciò nonostante, ancora in troppi sono spesso restii nel parlare di sessualità con i figli o non sanno proprio come fare, trovano difficile approcciarsi al tema pur riconoscendone l’importanza.
Le motivazioni sembrano essere principalmente due: la difficoltà di molti nel percepire i propri figli come sessualmente attivi e l’imbarazzo di toccare argomenti considerati ancor oggi “scottanti“.

Per poter parlare di un argomento così importante e per poter dare qualche strumento in più ai genitori che volessero parlare di sessualità con i figli, ho intervistato un esperta, la dottoressa Elena Mozzo, Medico Pediatra ed educatrice sessuale, Education Manager presso Penta Foundation – Child Health Research e che sui social porta avanti il suo progetto di informazione ed educazione alla sessualità “Esessolosapessi“.
Parlare di sessualità con i figli: la parola all’esperta.
Quand’è il momento giusto per cominciare a parlare di sessualità con i figli?
L’educazione sessuale e il dialogo sulla sessualità non significano solo parlare
di sesso e dell’atto sessuale in sé, ma molto altro. Significa parlare di relazioni, di
rispetto, di genere inteso come differenza nei generi, e di come queste non
debbano però essere stereotipate. Vuol dire insegnare ai ragazzi dove cercare le
informazioni in modo sicuro e prudente, parlare di prevenzione della violenza e
infine anche di rapporti sessuali, prevenzione delle gravidanze e delle malattie.
L’educazione sessuale è un percorso molto ampio che tratta molte tematiche
che oggi vengono spezzettate nella prevenzione al bullismo, ai disturbi alimentari.
In realtà, in un programma esaustivo di educazione sessuale, dove si insegna a
rispettare sé stessi e gli altri, questi aspetti vengono inclusi.
Secondo le linee guida del OMS, l’educazione sessuale e il dialogo sulla sessualità va iniziato dai 5 anni.
Cinque anni perché sono tutte tematiche importantissime per lo sviluppo corretto di una persona, imprescindibili per uno sano sviluppo psico-fisico, per questo va cominciato fin da bambini. È importante che i bambini sappiano riconoscere la violenza, l’abuso per saperli identificare, altrimenti i bambini sono portati a credere che tutto quello che fa un adulto va bene, invece non è vero. Il bambino deve essere preparato ai diversi tipi di relazione che incontrerà nella vita, deve imparare a distinguere una relazione buona e sana da una non sana.
Il bambino deve sapere come è fatto il proprio corpo perché crescendo piano piano se ne prenderà cura da solo e sapere come siamo fatti è fondamentale per sapere se stiamo bene o male.
Si inizia da bambini per tutti questi motivi ma anche perché il bambino non ha delle
sovrastrutture, il senso della vergogna, del pudore che abbiamo noi adulti.
Questo comincia a costruirselo piano piano ma dall’età della pre-adolescenza.
Non dobbiamo pensare, quando parliamo di sessualità con i bambini, che
loro intendano e vedano le cose al modo dell’adulto: un bambino non ha tutti
i filtri e le sovrastrutture che noi adulti mettiamo nel dialogo sulla sessualità.
Basta pensare alle domande che fanno i bambini, a volte anche nei posti più impensabili, come la corsia di un supermercato, per loro un posto come un altro dove chiedere: “Come nascono i bambini?” o “come si fanno i bambini?”.
Questo perché a loro mancano i filtri, manca l’imbarazzo, per questo è più semplice se si inizia a parlare da bambini dove l’imbarazzo è solo di noi adulti e non loro.

Cominciare un dialogo sulla sessualità da adolescenti è difficilissimo perché l’adolescenza di per sé è quell’ età della vita in cui si fa difficoltà ad avere un dialogo con i genitori, figuriamoci su queste tematiche più intime.
Cominciare un dialogo fin da bambini permette all’adolescente di sapere che a casa si può parlare di questi temi e che posso sentirmi libero di
chiedere informazioni ai genitori.
In questo modo il ragazzo, nel momento in cui avrà bisogno, quando avrà domande o avrà paura o vorrà certezze rispetto a qualcosa che gli è successo, saprà che a casa può chiedere.
Non importa se l’adolescente non fa domande o non sembra aperto al dialogo, l’importante è che noi genitori siamo aperti al dialogo.
E per farglielo capire, la cosa migliore è iniziare dall’infanzia. A volte si può mostrare ai figli che si è pronti ad affrontare determinate tematiche anche in modo indiretto, facendo delle riflessioni su temi inerenti alla sessualità a voce alta con il proprio partner, commentando qualche notizia della tv o di qualche articolo per mostrare al figlio che noi siamo pronti a parlare di questo. Attenzione, questo non vuol dire avere tutte le risposte, non spaventiamoci.
Nessuno ha le risposte a tutto, ci sono cose su cui siamo più preparati, altre meno, ma dimostriamo ai nostri figli la disponibilità a cercare assieme una risposta.
Quindi riassumendo è importante cominciare a parlare di sessualità il prima possibile, normalizzando il dialogo sulla sessualità. Ai nostri figli insegniamo a tenersi puliti, a camminare, a parlare e non si capisce perché sul sesso non gli possiamo insegnare nulla. Che poi, non è tanto un insegnare, piuttosto un educare, accompagnare, fornire loro una cartina e gli strumenti perché, quando sarà il loro momento, sappiano esplorare questo territorio con i loro modi, i loro tempi, magari diversi dai nostri. È importante che quando arriva il loro momento, i ragazzi siano preparati ed equipaggiati.
Gli adolescenti di oggi hanno accesso a molte più informazioni attraverso il web ed i social, questo è un vantaggio o ha aumentato la disinformazione e la confusione su alcune tematiche?
È vero che i ragazzi oggi, grazie al web, hanno sicuramente accesso a fonti di informazioni rapide, sempre fruibili, in grado di dare approfondimenti e risposte su qualsiasi argomento. Noi alla loro età non avevamo tutto ciò.
Questo ha dei benefici perché i ragazzi se non hanno un adulto che risponde possono avere il web, possono venire a conoscenza di tante cose che prima gli venivano nascoste, possono avere varie sollecitazioni che li portano a farsi domande. Ma, esiste un ma, esistono anche dei rischi.
Il ragazzo non ha la capacità, perché se la sta costruendo. di avere un ragionamento critico sulle cose.
La corteccia che ci permette di avere questo ragionamento critico, denominata corteccia prefrontale, è una parte di cervello che non abbiamo quando siamo piccoli, quando siamo giovani. Questa si forma fra gli 11 ed i 25 anni, comincia a svilupparsi con la pubertà, con lo sviluppo fisico. Poi ci mette molto di più a completare la sua formazione rispetto al termine della pubertà, che avvien verso i 16/17 anni.
Per cui di fatto se ci manca questa parte di cervello, come è normale che sia quando siamo adolescenti, non siamo capaci di avere la nostra opinione, di chiederci se quello che leggiamo è vero o non è vero, di pensare alle conseguenze per noi e per gli altri di quello che vediamo, di quello che ascoltiamo, di quello che facciamo.
Quindi i ragazzi vanno accompagnati da un adulto in questa esplorazione, anzi da più adulti: genitori, educatori, insegnanti. Queste figure adulte, che hanno già la corteccia prefrontale formata, aiutano gli adolescenti ad interrogarsi, a porsi dei dubbi, delle domande su quello che vedono, ascoltano e leggono.
Questo spesso non avviene. Il ragazzo viene lasciato solo davanti a queste molteplici fonti di informazioni a costruirsi le sue idee, la sua identità, il suo pensiero, esponendosi così a dei rischi che minano la sua salute fisica a anche quella psicologica.

Quali sono le fonti principali d’informazione sulla sessualità che utilizzano i ragazzi oggi?
Le fonti d’informazioni principali da cui i ragazzi traggono informazioni oggi sulla sessualità, nella mia esperienza di educatore sessuale, sono la pornografia (purtroppo).
La pornografia è una delle possibili visioni della sessualità, è uno dei modi che abbiamo per leggere la sessualità, ma non è certo l’unico. Può diventare pericoloso se diventa l’unico modo che abbiamo per interpretare la sessualità, perché è fatta di una sessualità priva dell’aspetto comunicativo, relazionale. Attraverso la pornografia i ragazzi non vengono istruiti sul come comunicare, su come gestire una relazione. La parte comunicativa è imprescindibile in una relazione sana ed è in assoluto l’aspetto forse più difficile. Spesso le relazioni tra le persone adulte falliscono perché manca la comunicazione, una comunicazione onesta, sincera e bilaterale.
I ragazzi vengono educati dalla pornografia sul fatto che la sessualità sia una performance. Del resto, noi viviamo in una società super performante, che ci chiede di dare il massimo su tutto. Se non dai il massimo non sei niente.
Non c’è la via di mezzo, non esiste la possibilità di ammettere i propri limiti e debolezze senza vergogna. Bisogna sempre essere super performanti, dall’aspetto fisico alle prestazioni lavorative.
(Di questa pressione di dover essere sempre all’altezza, perfetti ne abbiamo parlato anche nell’articolo “Adolescenti allo specchio: la ricerca della perfezione”)
La pornografia porta anche questo nella sessualità: la sessualità viene vissuta come una performance fisica dove devi dare il massimo.
Nella pornografia non esiste il fallimento, cosa che invece è normale.
Può succedere che un uomo non riesca ad avere un’erezione perfetta, così come può accadere che una donna non abbia voglia di fare sesso o non riesca a raggiungere l’orgasmo. Tutto questo nella pornografia non è contemplato.
Se la pornografia viene usata/abusata soprattutto quando si è giovani e il cervello è molto permeabile a queste informazioni, può succedere che ci si convinca che la pornografia sia l’unica forma possibile della sessualità con il risultato che se non riesco a vivere nella mia vita ciò che vedo nel porno allora mi sento sbagliato. La pornografia dà poi un’idea molto stereotipata della sessualità, per cui sembra che a tutti gli uomini piacciano le stesse cose e alle donne certe altre, quando invece la natura e i gusti umani sono molto più variegati.
Non c’è nulla di più falso di dire che la sessualità è uguale per tutti.
La sessualità è una questione di gusti, di percezioni che variano tantissimo da persona a persona.
Quindi la pornografia induce i ragazzi ad esplorare il territorio della sessualità in modo incompleto o secondo determinati canoni che possono non andare bene per tutti.
Altre fonti d’ispirazione per i ragazzi di oggi sono i romanzi, le serie tv che impattano più sul tipo di relazione. Spesso romanzi, film e serie tv tendono a normalizzare relazioni tossiche. Spesso viene narrata la storia di una persona un po’ prevaricante, problematica, incapace di gestire una comunicazione rispettosa e corretta con l’altro che diventa improvvisamente perfetta quando si innamora.
Ai ragazzi bisogna cercare di spiegare che le relazioni sono difficili, una persona che ha un certo tipo di comportamento sbagliato lo può cambiare facendo un grande lavoro su sé stesso, da solo o magari aiutato da un professionista. Ma è assai improbabile cambiare radicalmente il proprio essere solo perché ci si innamora. Le persone possono smussarsi un pochino, venirsi incontro, ma non cambiano radicalmente solo perché innamorate.

Ai ragazzi troppo spesso arrivano attraverso molti programmi tv, talk show modelli di relazione che non sono sani. Gelosia estrema portata alla normalità, che non è assolutamente un modello adeguato. Quindi i ragazzi corrono il rischio di essere un po’ staccati dalla vita reale, perché hanno sì tante fonti di informazione, che però non corrispondono alla realtà. Corrispondono piuttosto a certi modi di vivere la sessualità, che non includono la completezza della sessualità e dell’ambito relazionale.
Con questo non voglio dire che non vada bene la pornografia o non vadano bene certi programmi tv o le serie tv, ma semplicemente che anche in questo caso i ragazzi vanno laccompagnati nel realizzare che nella vita reale non va sempre così, che magari in quel film si inneggia ad una relazione tossica che può apparire tanto romantica ma che in realtà non lo è.
Il rischio è quello che i ragazzi vengano lasciati soli in un mare magnum di informazioni senza un navigatore che è l’educatore.
L’educatore non deve dire – no questo tu non lo puoi vedere, no questo tu non lo puoi ascoltare – deve saperlo riportare ad un piano di realtà, deve saper aiutare i ragazzi ad avere un senso critico a chiedersi – secondo te questa cosa va davvero bene? se la vivessi nella realtà ti andrebbe veramente bene? –
L’educatore deve certamente selezionare i contenuti in base all’età, perché il nostro cervello è pronto a vedere certe cose e ad ascoltarne certe altre in determinati momenti, mentre in altri no. C’è il rischio che certi filmati, soprattutto pornografici, vengano visti da bambini troppo piccoli e questo li può turbare perché non capiscono ciò che stanno vedendo. Quindi è chiaro che deve esserci una sorta di controllo.
L’educatore non è l’amico, purtroppo, è una persona che ha un ruolo a volte scomodo e difficile, però importantissimo, altrimenti si rischia che i ragazzi si facciano del male perché la sessualità viene solo legata ad un aspetto fisico e performante, di successo e viene completamente svincolato dal mondo relazionale su cui i ragazzi non hanno nessun appiglio, nessuna indicazione.
Insegnare ai ragazzi a comunicare, ad avere una comunicazione efficace, assertiva, quella in cui io faccio valere la mia opinione con rispetto ma con fermezza, è difficilissimo ma fondamentale.
Spesso è difficile per noi adulti questo compito perché noi per primi non abbiamo avuto un’educazione sessuale e non abbiamo dunque modelli di educatori a cui rifarci. Questo però non ci esime dal tenerci aggiornati, dall’entrare in sintonia con i ragazzi per assolvere al nostro compito essenziale di educatori.