La parola Bioarchitettura è ormai entrata nel linguaggio familiare per molti di noi. Rimanda chiaramente all’ecologia, evoca immagini naturali e tende ancora a intimorire alcuni. La Bioarchitettura, però, va ben oltre la casetta del taglialegna nel bosco e ad essere realisti, al giorno d’oggi, non dovrebbe esistere altra forma di edilizia. Per iniziare a comprendere cos’è la bioarchitettura, ci pare sensato partire dalla definizione che ne da lo statuto dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura:
Si definisce Bioarchitettura l’insieme delle discipline che attuano e presuppongono un atteggiamento ecologicamente corretto nei confronti dell’ecosistema ambientale. In una visione caratterizzata dalla più ampia interdisciplinarietà e da un utilizzo razionale e ottimale delle risorse, la Bioarchitettura tende alla conciliazione e integrazione delle attività e dei comportamenti umani con le preesistenze ambientali ed i fenomeni naturali. Ciò al fine di realizzare un miglioramento della qualità della vita attuale e futura.
Statuto istituto nazionale di bioarchitettura (06.07.2012)
Secondo Witti Mitterer, presidente della Fondazione Italiana di Bioarchitettura e Antropizzazione Sostenibile dell’Ambiente, “l’atto del costruire non deve più rappresentare un’aggressione all’ambiente e all’Uomo, ma una relazione pacifica ed equilibrata tra l’abitazione, il suo abitante e l’ambiente circostante”.

Cos’è la Bioarchitettura? Scegliere prima di tutto il luogo adatto
Nel costruire un edificio, è fondamentale riscoprire una disposizione d’animo che consenta di “entrare in sintonia” con l’ambiente sul quale sorgerà la costruzione e adattarsi al terreno. Bisogna insomma rovesciare la logica per la quale dovremmo essere sempre noi i “dominatori della natura”. É importante conoscere le caratteristiche climatiche (esposizione al sole, ai venti e alle correnti d’aria prevalenti, andamento delle precipitazioni ecc…) del sito su cui si intende costruire. Bisognerà analizzare questi dati, in fase di progettazione, per determinare l’orientamento ideale dell’edificio. L’obiettivo è un maggior accumulo termico invernale e un minor surriscaldamento estivo.
Un altro aspetto da tenere in considerazione nella scelta del luogo è la distanza da fonti di inquinamento elettrico, chimico, acustico; compreso quello, più nascosto, proveniente dal sottosuolo. Per questo motivo, è sempre consigliabile un’analisi geobiologica che possa stabilire la presenza o meno di nodi critici nel terreno.
Forme e distribuzioni ideali nella Bioarchitettura
Se il rapporto con l’ambiente circostante è un punto cardine della bioarchitettura, va da sè che la forma stessa degli edifici debba idealmente sfruttare al meglio le caratteristiche ambientali locali, a partire dall’esposizione solare. La regola generale è che sia consigliabile preferire forme il più possibile regolari, evitando piccole (e spesso ingiustificate) sporgenze o rientranze trasversali. Più ci si avvicina alla forma quadrata, più si limita la superficie perimetrale, che è quella responsabile degli scambi con l’esterno. Superficie esterna ridotta = minore dispersione termica invernale e migliore coibentazione estiva.
Non solo la forma, ma anche l’orientamento della costruzione è fondamentale per sfruttare l’energia solare al meglio. Una costruzione allungata lungo l’asse est-ovest, esporrà una maggiore superficie esterna a sud. Ancor meglio sarebbe che il lato nord dell’edificio sia parzialmente interrato per ridurre la superficie disperdente e per accorciare l’ombra proiettata.
Le aree sud-est e sud-ovest sono quelle ideali per disporre gli ambienti nei quali si svolge la maggior parte della vita abitativa. Al contrario, gli ambienti che hanno meno bisogno di riscaldamento e illuminazione (corridoi, lavanderie, garage, ripostigli…), possono essere il “cuscinetto” perfetto da posizionare lungo il lato nord.
I lati sud e sud-ovest sono quelli più indicati per le aperture principali in modo da sfruttare il più possibile la luce pomeridiana. A est saranno invece minori e a nord ridotte al minimo indispensabile.
Cos’è la Bioarchitettura: i materiali
Gli isolanti
Negli ultimi anni, grazie al loro costo relativamente basso, si è visto un moltiplicarsi di materiali sintetici. Tra gli isolanti più diffusi troviamo espansi e schiume come polistirolo, polistirene, poliuretano, lana di vetro o di roccia ecc… La bioedilizia, predilige, invece isolanti termici e acustici naturali e ottenuti con ridotto impatto ambientale in fase di produzione. Si tratta di materiali come sughero, lana, fibra di legno, fibra di cocco, lana di cellulosa, lana di lino, feltro di iuta. I materiali isolanti proposti dall’industria petrolchimica, sono caratterizzati da un’alta densità e nonostante garantiscano un buon isolamento, creano una sorta di cappotto a tenuta stagna, impedendo qualsiasi traspirazione della struttura.
É anche importante ricordare come questi, siano spesso realizzati con materiali potenzialmente nocivi per la salute e a elevato impatto ambientale. La lana di vetro e di roccia, per esempio ha il rischio di polverizzazione delle fibre. Queste possono poi essere respirate, con problemi gravissimi per la salute. Anche le resine sintetiche spesso impiegate sono tra i principali responsabili delle concentrazioni di VOC negli ambienti domestici, rendendoli potenzialmente più inquinati e pericolosi di quelli esterni.
Le murature
Rispetto alle costruzioni in calcestruzzo armato, intelaiate, a pannelli, o gettate in opera, in bioedilizia si prediligono materiali alternativi. A partire dal “semplice” laterizio (blocchi di argilla cotti), ma senza dimenticare la terra cruda, la pietra, il legno e la paglia. Queste soluzioni, oltre a garantire in minore impatto ambientale in fase di produzione, regolano egregiamente l’umidità dell’aria, assorbendola rapidamente e rilasciandola all’occorrenza. Abbinate a una corretta coibentazioni, danno anche il loro contributo nel sistema isolante.

Il tetto
Anche nella costruzione del tetto secondo criteri bioecologici, si preferiscono materiali naturali ad alta traspirabilità, che garantiscano contemporaneamente una buona protezione termica e acustica. Nella struttura portante è il legno a farla da padrone. Pur essendo un materiale leggero, infatti, ha un’alta resistenza statica e può sopportare forti carichi. Nel senso delle fibre, la resistenza ai carichi del legno è paragonabile a quella del cemento armato. La sua resistenza a trazione è seconda solamente a quella dell’acciaio. La struttura in legno si sposa perfettamente con una coibentazione dello stesso materiale (fibra di legno) e la copertura finale è affidata principalmente a tegole o coppi d’argilla. In aree geografiche che ne hanno mantenuta la tradizione, sono previste anche lastre di pietra.
Cos’è la Bioarchitettura: conclusioni
Se analizziamo questo modo di costruire in maniera onesta, non possiamo che arrivare alla conclusione che sia l’unico approccio all’edilizia che ci rimane.. Fra i tre settori principali dell’economia (industria, trasporti, residenziale-terziaio), quello più impattante in termini di consumi energetici è nettamente quello residenziale con il 41% (dati ENEA). La salubrità degli ambienti domestici è un aspetto tuttora troppo trascurato a favore di un risparmio economico apparente basato su materiali sintetici e scadenti. Dobbiamo tornare a vivere in armonia con la natura, sfruttando i tanti materiali preziosi che ci mette a disposizione. Dobbiamo conoscerla e tenerla sempre in considerazione quando progettiamo. Per trarre il meglio da ciò che può darci una mano e per limitare e compensare gli aspetti dai quali dobbiamo proteggerci.
Ora che abbiamo un’infarinatura rispetto a cos’è la Bioarchitettura, è il momento di imparare a porsi un’altra domanda. Una domanda fondamentale nel campo dell’edilizia. In Italia ci sono oltre 31 milioni di abitazioni e 1/5 di esse (circa 7 milioni), sono vuote o abbandonate (dati ISTAT). Abbiamo davvero bisogno di nuove costruzioni? Imparare cos’è la bioedilizia dovrebbe anche insegnarci a rispettare le aree non ancora urbanizzate, facendoci impegnare a ridurre la cementificazione. Prima di realizzare un nuovo edificio, anche se con tutti i canoni della bioedilizia, sarebbe consigliabile valutare se non sia possibile ristrutturare (con le stesse attenzioni) qualcosa di esistente.