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Animali selvatici e turismo: quello che non si sa

Durante i viaggi, soprattutto in posti esotici, capita spesso di avere l’opportunità di interagire direttamente con gli animali selvatici tenuti in cattività. Leoni, scimmie, iguane, pappagalli, delfini…

Uno dei casi ormai più noti è quello dei cuccioli di felini che si possono accarezzare in strutture turistiche che si rivelano essere falsi santuari o falsi centri di recupero. Ma poi, appena cresciuti, sono venduti come oggetti a riserve private in cui altri turisti sono lì per ucciderli e portarli a casa come trofei.

La World Animal Protection da anni denuncia il “selfie tourism” e sottolinea come questo tipo di turismo sia insostenibile sia in termini di benessere animale che in ambito conservazionistico.

Solo in Sudafrica 8000 leoni vivono in cattività a causa del terribile business dei falsi santuari. Questi leoni vengono rapiti oppure fatti nascere e separati dalle madri in tenera età. Sono allevati, abituati all’uomo, spacciati per orfani e fatti allattare da turisti che spendono migliaia di dollari per poterli coccolare.

Una volta giovani, dal biberon si passa alle camminate. Si tratta delle “lion walk”, passeggiate con i leoni per ingenui turisti che credono che questa attività serva all’animale. Forse, dimenticandosi della vera natura del leone e lasciandosi ammaliare da racconti che, però, niente hanno a che vedere con la conservazione.

animali selvatici: i leoni
Lion Walk: i leoni vengono sedati prima di iniziare la passeggiata con i turisti

Ormai cresciute, le leonesse sono usate per la riproduzione. In molti casi sfornano cuccioli a ritmi 10 volte superiori a quelli naturali. Per i leoni maschi la storia si complica: ricchi turisti da tutto il mondo arrivano e pagano per ucciderli e portarsi a casa i trofei. Dal biberon al fucile, come denuncia anche Blood Lions, documentario del 2015 che racconta la pratica del “canned hunt”.

L’ignobile business del “canned hunt”

Il “canned hunt” – traducibile in caccia in scatola – è una pratica orribile, per cui i leoni – allevati insegnandogli a fidarsi degli esseri umani che pagano per poterli coccolare e allattare con il biberon – vengono poi confinati in uno spazio chiuso da cui non possono scappare, e una volta diventati abbastanza adulti per diventare trofei da collezione, sono atrocemente cacciati da altrettanti turisti.

La cosa peggiore è che in Sud Africa tutto questo è legale. Anzi: il business è incrementato da un giro d’affari tra bracconieri e allevatori. Ed è legittimato da tutti quei turisti ignari di finanziare questa pratica. Tutti quelli che visitano le “fattorie dei leoni” per toccare i cuccioli e trattarli come se fossero degli animali di compagnia.

La copertina del libro di Richard Peirce “Cuddle me, kill me” che racconta l’industria del “canned hunting”

Purtroppo, lo sfruttamento degli animali selvatici per turismo è una pratica comune non soltanto in Africa ma è diffuso in tutto il mondo. Solo in Brasile, secondo una recente indagine scientifica, il 75% delle attività turistiche prevede l’interazione con gli animali selvatici. Senza considerare che in Asia le tigri sono sedate per i selfie e gli elefanti dapprima cavalcati oggi sono obbligati ad essere lavati dai turisti.

Con questo non sto dicendo che sia sbagliato desiderio di interagire con un animale selvatico. Siamo primati, siamo curiosi per natura. Tutti vorremmo coccolare un elefante, nuotare con un delfino o accarezzare un leone. Quello che però bisogna chiedersi è: “io voglio, ma… è giusto?” E la risposta è no.

Un animale selvatico non si è co-evoluto con l’essere umano a differenza per esempio di un cane, un gatto o un cavallo che sono geneticamente ed etologicamente programmati per interagire con noi.

Animali selvatici e abusi: come riconoscere un falso santuario?

Molte strutture turistiche che ospitano animali selvatici utilizzano in maniera impropria il termine “santuario”. Secondo la Global Federation of Animal Sanctuaries un santuario è «una struttura che fornisce un rifugio sicuro temporaneo o permanente agli animali recuperati nel rispetto di determinati principi: fornire un’eccellente assistenza umana agli animali in un ambiente che segua politiche etiche in termini di tour – recupero, commercio e spostamento di animali – esposizione al pubblico – eventuale allevamento per scopi conservazionistici».

In questo senso si usa il termine “falso santuario” per indicare tutte quelle strutture che si “vendono” alle persone per quello che non sono. Spesso i centri turistici utilizzano gli animali semplicemente per il loro business, senza preoccuparsi realmente per la conservazione delle specie e per il benessere del singolo individuo recuperato (o peggio allevato solamente per scopi ricreativi).

Le strutture realmente valide dal punto di vista etico e scientifico sono quelle che impediscono ogni forma di interazione (ad esempio toccare o stare a stretto contatto) tra turista/volontario e animali ospitati. Le interazioni di questo tipo sono sbagliate per diversi motivi: dal punto di vista etico, etologico, educativo e di benessere animale. Sebbene un animale non possa essere liberato in natura, l’interazione con l’essere umano è un comportamento innaturale che non fa parte del suo repertorio comportamentale e che pertanto è considerato abuso.

animali selvatici

Io sono stata la prima ed essere vittima e carnefice di questa truffa dei falsi santuari, e ne ho parlato durante il mio TEDx Talk.

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